The Mental Series: Paoletta Magoni
Dopo una sessione di allenamento sulla pista asciutta con gli atleti dell'Accademia di sci Magoni nell'agosto 2022 a Selvino (Bergamo, Italia), il nostro team VIST ha avuto l'opportunità di incontrare e conversare con uno degli allenatori di sci di maggior successo, Livio Magoni e con sua sorella, la campionessa olimpica di Sarajevo-1984, Paoletta Magoni. In questo episodio, condividiamo un'intervista con Paola. Per leggere l'intervista a Livio, consultare il seguente link.
Paola, veniamo a te. Se diventata una campionessa olimpica all’età di 19 anni. Racconta la tua strada verso questo oro e secondo te qual è stato il segreto della tua vittoria.
Paola: Beh, la strada è stata una strada lunga e anche abbastanza difficile perché sono entrata in squadra molto giovane con ragazze molto più anziane e quindi di conseguenza l’ambiente era un po’ difficile per me, però ho avuto la fortuna di avere un allenatore che mi ha seguito fin da piccola, che fortunatamente è entrato in squadra assieme a me e quindi di conseguenza è stato un po’ come un secondo padre. Poi io sono sempre stata una persona molto determinata, il mio obiettivo era quello di diventare una sciatrice professionista e nonostante varie difficoltà sono riuscita a centrare il mio obiettivo.
Hai sempre saputo che saresti diventata una campionessa olimpica?
Paola: Da piccola mi ricordo che, proprio alle elementari, e quindi ero veramente piccola, avevamo fatto un tema di quello che volevamo fare da grandi e io avevo scritto che volevo fare la sciatrice.
Quando hai capito che avresti potuto vincere la medaglia d’oro?
Paola: Mah, quell’anno, nell’84 in realtà avevo… ero partita bene, facevo delle belle manches, non avevo mai in Coppa del Mondo concluso entrambe le manches in maniera giusta, quindi magari, o prima la prima manche e poi sbagliavo la seconda o viceversa, sciavo male la prima manche e poi la seconda recuperavo eccetera, quindi mi sentivo che stavo sciando bene. Eh.. poi giorni precedenti le Olimpiadi a Sarajevo stavo veramente sciando molto bene, in slalom facevo dei bei tempi e quindi li ti carichi e giorni precedenti mi sentivo proprio in forma, quindi sono stata anche fortunata che sono riuscita ad arrivare all’apice della mia forma stagionale proprio nel grande appuntamento.
Con quale goal sei arrivata a Sarajevo?
Paola: mah in realtà, essendo una persona molto riservata, non è che ho pensato più di tanto che erano le Olimpiadi, o anche, gli anni dopo, Mondiale, o ancora Olimpiadi. Cioè, sono arrivata tranquilla, sapendo di avere fatto un buon lavoro e di aver lavorato quattro anni duri, molto duramente, sia come dicevo prima fisicamente ma anche mentalmente.
Com’è diventare un campione o una campionessa olimpica così giovane?
Paola: Mah, allora, quando correvo io, si era molto più giovani, tanto è vero che io a 25 anni ho smesso di sciare, quindi erano altri tempi rispetto adesso. Non ho mai avuto questo problema dell’età o eccetera, ho sempre superato questo discorso perché, come dicevo, essendo molto determinata, nonostante avessi un'età… fossi molto giovane, non mi sono mai posta il problema.
Se tu ricordi come hai affrontato le emozioni, perché una disciplina come lo slalom da due manches è molto difficile in nazionale e se ricordi questa giornata.
Paola: Si, beh la giornata la ricordo molto bene perché va beh, sono quelle giornate un po’ particolari, uniche, no quindi… mah, ehm, stranamente io sono sempre stata una che si concentrava molto sulla gara, non mi facevo prendere dagli eventi esterni eccetera, poi, in realtà la prima manche ero quarta a 16’’, eravamo lì tutte, quindi ho detto, cioè, mi sono detta, qua, o ce la faccio stavolta, o non ce la farò mai più, e quindi sono rimasta su quell’obiettivo lì e ho dato tutto e in effetti poi ho vinto con un 99’’, quasi un secondo in slalom, sulla seconda, quindi, in slalom è tanto, ce l’ho fatta.
Sei superstiziosa?
Paola: No, in realtà no, non lo sono mai stata e tuttora non lo sono.
In che modo lo sport ha influenzato la tua vita?
Paola: Ah, al 100 %, perché siamo nati in una famiglia dove lo sport era la priorità assoluta, poi ho fatto la mia carriera, poi anche nell’ambiente lavorativo sono sempre stata nel commerciale, ma sempre all’interno di articoli sportivi, quindi per me lo sport ha influenzato proprio in tutto.
Sei co-fondatore dell’Accademia di Sci Magoni: qual è il tuo ruolo nella squadra?
Paola: Mah, il mio ruolo non l’ho ancora capito, perché con Livio bisogna un po’ interpretare. Facciamo tuttofare, quando serve che hanno bisogno i ragazzi, andare, venire, fare, portarli o in generale, quando hanno bisogno, mi metto a disposizione, perché comunque mi piace l’obiettivo, mi piace vedere ragazzi che si impegnano, che hanno voglia di fare, quindi questo per me è già sufficiente, cioè avere comunque intorno delle persone che hanno voglia di allenarsi, hanno voglia di sacrificare parte della loro vita per arrivare a ottenere qualcosa.
Hai mai avuto la sensazione di potere diventare potenzialmente una allenatrice come tuo fratello?
Paola: Mah, allora, in questo mondo qui, essere allenatori donna diventa un po’ complicato, perché è uno sport dove in realtà sono praticamente tutti uomini, però sotto certi aspetti ritengo che la donna abbia una sensibilità maggiore e tante volte magari l’atleta… devi essere un bravo allenatore tecnicamente e tutto però, devi anche essere un po’ psicologo, no, capire il momento, capire cioè, devi entrare dentro la psicologia dell’atleta che hai davanti quindi, sotto certi aspetti adesso diventerebbe un po’ complicato, perché lo devi cominciare a fare da giovane l’allenatore, però mi sarebbe piaciuto fare anche come aiuto allenatore, non proprio il primo allenatore, proprio per seguire l’aspetto psicologico, no… perché è quello che è mancato quando io ho fatto l’atleta, cioè io non avevo una persona che mi capiva e che ha capito le mie difficoltà. Mi sono dovuta arrangiare da sola perché non c’era… l’allenatore era l’allenatore che ti insegnava a sciare e ti insegnava ad andare il più veloce possibile, ma soprattutto adesso secondo me gli atleti hanno anche bisogno di essere ascoltati, di essere capiti perché c’è la giornata che fai l’allenamento ma forse, tra virgolette, ti serve a poco, perché non ci sei con la testa, non sei lì e quindi magari hai bisogno di un giorno di stacco e deve essere l’allenatore che deve capire che va bene l’allenamento, ci dev’essere tanto allenamento, perché se non ti alleni… però magari c’è quella giornata che sei storto, ti sei alzato storto e non riesci a raddrizzare la giornata e quello l’allenatore lo dovrebbe capire. E noi donne sotto quell’aspetto li siamo un po’ più sensibili a questi aspetti.
Presumo che sei come un modello e una campionessa per loro. Cosa ti senti di suggerire ai giovani atleti al fine di arrivare al successo?
Paola: Guarda, il consiglio che io, penso sia la cosa più giusta, è quello di pensare di avere dato tutto, cioè ogni ragazzo o ragazza dovrebbe alla fine della giornata chiedersi “mi sono impegnato al massimo oggi per fare il mio allenamento?”. Se si risponde sì, perché ognuno di noi si conosce, vuoi dire che hai già raggiunto un obiettivo, anche se non vinci, cioè, il non lasciare niente al caso, allenarsi al meglio tutti i giorni, cercando di impegnarsi il più possibile, perché poi tutti … non è che tutti possano vincere. In un’Olimpiade, un mondiale, una gara di Coppa del mondo, uno vince, cioè è uno sport individuale, non è una squadra, quindi… L’importante è proprio il chiedersi “io ho fatto il meglio che potevo?”. Se la risposta è sì, hai già raggiunto il tuo obiettivo.
Cosa è cambiata la posizione della donna atleta tra i tuoi tempi e oggigiorno?
Paola: Si, è cambiato, prima di tutto per gli sponsor, perché allora non è che c’erano tanti sponsor. Ai miei tempi, per dire, io avevo due sponsor: la marca degli sci che usavo e lo sponsor personale che metti in testa, mentre adesso le atlete donne sono molto più seguite e quindi hanno anche dei supporter maggiori. Questo, insomma, è abbastanza importante, perché questo sport non è uno sport economico, quindi, sai, un po’ di sponsor che ti aiutano, ti togli già una parte di pensiero.
E anche la quantità di uomini rispetto alle donne è la stessa di trent’anni fa o la situazione è cambiata, cioè arrivano più donne nello sci alpino?
Paola: No, in realtà meno, questa, questo è un problema perché ci sono meno donne che hanno voglia di fare sacrifici e quindi arrivano in Coppa del Mondo molte meno donne rispetto ai miei tempi. Io mi ricordo per esempio in Italia, per le Olimpiadi e i Mondiali dovevi fare le selezioni, quindi in base ai risultati che facevi in gara potevi andare. Adesso, mandano un po’ quello che hanno, perché non è che ci sia tantissimo. Il vivaio è diminuito parecchio, per dire.
Quali sono i progetti che hai in mente per il futuro?
Paola: Mah, a me piacerebbe che questo team diventasse più grande, però mantenendo l’idea di Livio, cioè, non dev’essere un team con tanti atleti e pochi allenatori. Deve essere un team con atleti e uno/due, un allenatore ogni due, massimo tre atleti, proprio per avere questa tecnicità che negli altri team non c’è, perché negli altri team sono tanti atleti e pochi allenatori e quindi essere un po’ un fiore all’occhiello dell’ambiente nello sci.
Dare una qualità di allenamento.
Paola: Esatto, sì, sì, sì.
Ho sentito che c’è un libro fatto da Sarajevo per i giochi olimpici ’84 tu sarai presente per la presentazione?
Paola: si…abbiamo fatto ce hanno scritto hanno fatto questo libro, scritto questo libro e parla appunto della città di Sarajevo preolimpica olimpica e post olimpica quindi tutto quello che c’è stato intorno a Sarajevo una cosa molto interessante che a me è piaciuto molto è un progetto che sicuramente per quanto mi riguarda molto bello.
Sei andata lì per la presentazione in Sarajevo?
Paola: In Sarajevo no però c’è in progetto di andare appunto a Sarajevo anche perché si vorrebbe Sarajevo e tutto quello tutti gli addetti che ci sono dietro vorrebbero portare una gara di coppa Europa a Sarajevo a Jarorina e quindi sicuramente io cercherò di supportare questo progetto.
Questo anche come un obbiettivo che ha detto tuo fratello di supportare nazioni con squadre piccole perché ci sono tanti sono montagne belle anche in Jarorina e in Bosnia e serve un aiuto e anche tu come modello puoi penso aiutare tantissimo queste persone atleti giovani.
Paola: si perché nei paesi dove ci sono queste federazione molto piccole purtroppo ci sono anche molti meno soldi e quindi aiutare questi atleti queste federazioni è anche bello c’è perché forse viene fuori un atleta al di la del risultato ma se già riesci a portare un atleta a sciare bene a fare qualche gara anche in coppa del mondo è già importante poi come dicevo prima non è che tutti possono vincere però visto che questo sport è uno sport che ha bisogno di supporter importanti se si riesce a dare un contributo è sempre bello.
Abbiamo già chiesto a Livio che Vist è un partner tecnico di squadra di accademia e cosa significa per te lavorare con un brand italiano di abbigliamento da sci.
Paola: allora innanzitutto perché c’è subito stato feeling con Vist molto importante poi sicuramente a livello di prodotto testato anche personalmente facendo anche un po’ di maestra di sci a tempo libero eccetera è molto caldo e quindi noi donne che siamo un po’ freddolose va bene bello di giacche belle calde ehh ma essenzialmente sai è sempre il discorso che ci deve essere questo rapporto al di là del commerciale anche questo rapporto umano Vist ci ha aiutato subito ha creduto subito in noi nel nostro team e quindi per me è importante far sì che Vist cresca anche perché come prodotti è sicuramente un azienda leader quindi diciamo che è una strada già spianata che sta già andando in discesa diciamo eh.
Noi speriamo per vostra conoscenza di sport per fare prodotto sempre meglio e per sempre andare avanti perché un test e un feedback di persone con esperienza è molto importante per noi.
Paola: Si, si, grazie mille.
Molto interessante ed è anche un onore per noi parlare a tu per tu con una campionessa olimpica.
Paola: grazie, grazie mille.